GTE (Grande Traversata Elbana)
La Grande Traversata Elbana o GTE rappresenta l’itinerario più significativo della rete escursionistica dell’Isola d’Elba. Si tratta di una dorsale che collega la maggior parte dei sentieri elbani, permettendo di osservare l’incredibile varietà geologica, vegetazionale e morfologica dell’Isola. Il percorso, classificato di livello E (escursionistico), nei pressi del Monte Capanne si biforca. Si individuano così due percorsi. Seguendo prima il sentiero GTE e poi GTE NORD si va da Cavo a Patresi percorrendo 55 km in poco più di 24 h. Se invece dopo aver percorso la GTE si imbocca la GTE SUD si arriva a Pomonte percorrrendo 47 km in 19 h e 30 min. A parte nel caso degli atleti il percorso deve essere percorso a tappe. Si consigliano 4 tappe. In questo caso si deve aggiungere alla lunghezza della GTE di cui sopra, circa 8 km di raccordo con i centri abitati, arrivo e partenza delle diverse tappe. Le prime 3 tappe sono comuni alle due versioni della GTE. La tappa 4 si differenzia in base alla destinazione finale: la tappa 4 A utilizza il sentiero GTE NORD e conduce a Patresi, la tappa 4 B passa dal GTE SUD e arriva a Pomonte.
Tappa 1 : Cavo – Porto Azzurro | Lunghezza: 17,75 km | Tempo medio di percorrenza: 8 h 05 min
Il sentiero si imbocca al Cavo dalla Circonvallazione Faleria. Dopo circa 700 m si giunge al trivio da cui parte la breve via che conduce al Mausoleo Tonietti e il sentiero n. 260. Successivamente il tracciato sale lentamente di quota fino ai 344 m del panoramico Monte Grosso, sul quale fu costruito nella Seconda Guerra Mondiale una stazione semaforica, adibita adesso a civile abitazione. Da qui si percorre la discesa fino a lambire la strada provinciale n. 33 della Parata. La via fiancheggia, con un piacevole saliscendi ombreggiato, il Fosso del Vignolo e incrocia più avanti la strada per Nisporto alla sella dell’ Aia di Cacio, dove hanno origine i sentieri n. 201 e 202. Con una breve deviazione dall’itinerario si può imboccare la strada asfaltata verso Rio Elba per visitare l’Orto dei Semplici Elbano al quale si accede mediante il sentiero n. 203. Attraversata la strada, la GTE prosegue ripida, il piano di calpestio diviene pietroso, passa da Monte Strega (426 m) e Monte Capannello (405 m) , fino ad arrivare a Le Panche (326 m ) dove il panorama spazia sull’Elba Occidentale con il Castello del Volterraio e il Golfo di Portoferraio in primo piano. In località Le Panche il tracciato incrocia la strada provinciale n. 32 del Volterraio inerpicandosi sul crinale, fino a Cima del Monte (515 m). In questo tratto l’itinerario è panoramico, lo sguardo spazia fino alle 2 linee di costa da entrambi i lati dello spartiacque. Dopo poco la via incrocia il sentiero n. 205, di livello EE (escursionisti esperti), che conduce al suggestivo Santuario della Madonna di Monserrato. Da qui, dopo circa 1200 m, il sentiero n. 210, scivolando tra i vigneti, raggiungere Porto Azzurro in 30 minuti.
Tappa 2 : Porto Azzurro - Procchio | Lunghezza: 20,56 km | Tempo medio di percorrenza: 6 h 55 min
La seconda tappa presenta un piano di calpestio ampio con dislivelli meno impegnativi rispetto alle altre tappe. Il tracciato attraversa l’entroterra della zona centrale, rispetto alla tappa precedente la direzione di marcia cambia, si procede verso ovest. Dopo aver percorso poco più di 3 km dal bivio con il sentiero n. 210, si attraversa la strada provinciale n. 26 per poi salire nei pressi di Monte Orello (376 m), punto panoramico raggiungibile con una breve deviazione. In seguito la via lambisce la cava di Colle Reciso, si innesta per 200 m su una strada asfaltata ove si trova il bivio con il sentiero n. 266 che prosegue verso Portoferraio, imbocca un’ampia ex strada militare immersa in una rigogliosa Macchia Mediterranea. Il tracciato, mantenendosi alla medesima quota, incrocia poi il sentiero n. 221 per la Villa Napoleonica di San Martino e, a distanza di 1500 m, le due estremità del breve sentiero n. 214. Il secondo incrocio con il sentiero n. 214 coincide con un quadrivio. Da qui il sentiero imbocca una discesa e si sovrappone per circa 500 m al sentiero n. 248, fino al bivio con il sentiero n. 244 che correndo parallelo giunge, come la GTE, al Colle di Procchio, ubicato nelle immediate vicinanze del paese omonimo.
Tappa 3 : Procchio - Poggio | Lunghezza: 11,84 km | Tempo medio di percorrenza: 5 h
Il tracciato si inerpica dalla Strada Provinciale n. 25 fino a Monte Castello (226 m), dove si possono ammirare il panorama sul Golfo di Campo, le rovine di un’importante fortezza etrusca nascoste tra la vegetazione e una postazione militare della Seconda Guerra Mondiale. La via, prima di innestarsi su una carrareccia, attraversa una zona in cui la vegetazione si sviluppa sopra il sentiero formando un “tunnel”. A breve distanza si trova l’incrocio con il sentierio n. 180 per Poggio e, dopo circa 500 m, con il sentiero n. 121 per Sant’Ilario. Da qui la GTE abbandona la strada sterrata e si inerpica fino al Monte Perone (630 m) dove si trova il sentiero per non vedenti n. 122, dopo aver incrociato i sentieri n. 117 e 169. Si tratta di circa 1700 m di salita con un dislivello di circa 400 m. Attraversata la strada provinciale n. 37 del Perone il tracciato si innesta nel Santuario delle farfalle, con il quale coincide per circa 2 km.In questo tratto si trova il bivio con il sentiero n. 107 per San Piero e con il sentiero n. 100, di livello EEA (escursionisti esperti attrezzati), oltre al punto panoramico di Monte Maolo (749 m) , dove lo sguardo può spaziare a settentrione sulla costa nord occidentale dell’Elba e l’isola di Capraia, a meridione sul Golfo di Campo e le isole di Montecristo e Gigliom a est sull’Elba orientale.A circa 1500 m da Monte Maolo la GTE giunge sotto i contrafforti del Monte Capanne dove si biforca in due rami: uno conduce a Patresi, l’altro a Pomonte. Per raggiungere la meta della terza tappa si segue il ramo di Patresi per circa 1300 m fino ad imboccare il sentiero n. 105 che, con una ripida discesa, conduce a Poggio. Complessivamente, escludendo i sentieri di raccordo con Porto Azzurro, Procchio e Poggio, la GTE fino alla biforcazione misura circa 42 km e sono necessarie circa 16 ore per percorrerla.
Tappa 4 A : Poggio - Patresi | Lunghezza: 16,28 km | Tempo medio di percorrenza: 8 h 10 min
E’ necessario ritornare sui propri passi fino al bivio tra la GTE NORD e il sentiero n. 105. Da qui Patresi dista 16 km, percorribili in circa 8 ore. Il tracciato si dirige verso ovest, mantenendosi intorno quota 600 – 700 m, fino all'incrocio con il sentiero n. 110, dove svolta a sinistra in ripida salita scalando i costoni occidentali del Monte Capanne. Al termine della salita, che nella parte terminale presenta diversi tornanti chiamati “zete”, si giunge a quota 921 m, al bivio con il sentiero n. 100, l’unico tracciato dell’Isola classificato EEA (escursionisti esperti attrezzati). La via scende fino alla località La Terra (582 m), ove secondo alcuni era ubicato il villaggio medievale di Pedemonte. Da qui, percorsi circa 1.500 m, nella parte alta della valle di Chiessi, dopo aver sorpassato la deviazione per i ruderi della chiesa romanica di San Frediano, si giunge al bivio con il sentiero n. 125.Il sentiero successivamente punta nuovamente verso il versante settentrionale del massiccio del Monte Capanne, disegnando un tracciato quasi circolare, fino a Serra Ventosa dove imbocca la discesa per Patresi.
Tappa 4 B : Poggio - Pomonte | Lunghezza: 9,26 km | Tempo medio di percorrenza: 4 h 40 min
E’ necessario ritornare sui propri passi percorrendo il sentiero n. 105 e, per un breve tratto, la GTE NORD per poi proseguire sulla GTE SUD per circa 7 km percorribili in circa 3 ore di cammino. Il tracciato si dirige verso sud-ovest seguendo lo spettacolare crinale che divide l’ampia valle di Pomonte da Vallebuia dove non è raro incontrare esemplari di muflone. La posizione panoramica fu sfruttata dai popoli antichi. Nella zona sono stati infatti trovati reperti riferibili ad insediamenti dell’Età del Bronzo. Sono inoltre presenti nei pressi del Colle della Grottaccia (645 m) e di Monte Orlano (549 m) alcuni caprili, testimonianza di una più recente frequentazione umana dedita alla pastorizia. Tra i rilievi che caratterizzano il percorso a saliscendi vi sono anche Le Mure (629 m) e Monte Cenno (589 m). Nei pressi del Colle della Grotta hanno origine il sentiero n. 109 che si inoltra nella valle, il sentiero n. 130 verso San Piero ed il sentiero n. 108 che scende nella Vallebuia fino alla costa a Seccheto. Presso il Monte Cenno si incrocia il breve sentiero n. 135 A che collega la GTE SUD al sentiero n. 135. Il nostro tracciato, superato il caprile ubicato a poca distanza da Monte Orlano, imbocca uno stretto viottolo tra magnifici terrazzamenti che conduce rapidamente ad un secondo incrocio con il sentiero n. 109. Da qui in pochi minuti di cammino tra bei vigneti si giunge a Pomonte.
sentiero capraia n. 402
La prima parte del sentiero n. 402 coincide con via del Cornero, la strada di accesso all'area di pertinenza della Casa di Reclusione, dismessa il 31 ottobre 1986. Questo tracciato è uno dei pochi sull‘isola percorribili, nella prima parte, anche in mountain bike. La cosiddetta strada Cornero inizia a Capraia Porto nei pressi della graziosa chiesetta romanica dell'Assunta (XI-XII secolo), edificata secondo alcuni in parte con le pietre ed i marmi della vicina domus romana, dove si racconta che nel 1244 Papa Innocenzo IV abbia celebrato messa durante una sua visita all'isola. La via sale ripida con stretti tornanti scalando i versanti meridionali del Vado dell'Aghiale. In questa zona si può osservare una particolarità botanica: gli oleandreti spontanei più settentrionali d'Europa. Nella stagione estiva il nastro di oleandri rosa risalta nel verde della macchia mediterranea. Il passaggio sotto un imponente arco indica l'ingresso nella ex zona carceraria, dopo poco si percorre un piccolo ponte sul vado e si attraversa una pineta di pino domestico. Qui si notano i primi edifici del carcere che non era organizzato in un’unica struttura centrale ma suddiviso in vari edifici denominati diramazioni. Il sentiero n. 402 raggiunge la diramazione dell'Aghiale in cui si trovava un piccolo spaccio, la mensa, il barbiere e i detenuti che svolgevano operazioni agricole. Il tracciato, che da qui si fa strada sterrata con ampie vedute panoramiche sul porto e il mare, permette di raggiungere in breve tempo la Diramazione Portovecchio, dove si trova l'ex stalla per le vacche con annesso silos e magazzino dei foraggi. Si ignora il bivio con il sentiero n. 408A che porta alle altre strutture della diramazione e si continua a salire i tornanti fino alla diramazione dell'Ovile. La strada prosegue con il sentiero n. 407 verso nord. Il sentiero n. 402, ancora strada sterrata, raggiunge invece, piegando verso sud, la vecchia Lavanderia della Ex Colonia Penale superata la quale (dopo aver aperti e chiusi i cancelli della Azienda Agricola La Mursa) diventa un viottolo più stretto che comincia a salire le pendici di Monte Castello e raggiunge i 419 m di Monte delle Penne. Il sentiero n. 402 prosegue scendendo fino alla Stagnone e poi al trivio con i sentieri n. 405 e 404 dove il nostro tracciato termina. A causa della vegetazione bassa il percorso è particolarmente esposto ai raggi solari per cui, specie nella stagione estiva, è necessario essere ben riforniti di acqua e allenati a camminare.
sentiero capraia n. 403
Il sentiero n. 403 inizia nei pressi della vetta del Monte Arpagna, al trivio con i sentieri n. 404 e 411, nel piccolo pianoro che, a quota 346 m, divide l‘impluvio del Fosso del Regolo da quello del Vado della Carbicina. Nei pressi del trivio si può osservare l'edificio dove alloggiava la guarnigione addetta alla vicina postazione semaforica del Monte Arpagna detto anche Case Colombiaie. In pochi minuti si raggiunge il bivio che, con una breve deviazione, permette di guadagnare la vetta del Monte Arpagna (410 m s.l.m.), da cui si può godere di un magnifico panorama. Si capisce immediatamente perché questo luogo fu scelto dalla Marina Militare per controllare, con un potente cannocchiale montato su rotaie, il traffico marittimo nel Canale di Corsica e dunque le acque territoriali tra Italia e Francia: lo sguardo spazia libero a 360°. Della struttura semaforica resta la suggestiva struttura metallica. Dopo la sosta si ritorna sul sentiero principale e si comincia a scendere verso la Piana dello Zenobito. Il sentiero in questo tratto è in forte pendenza e su tratti rocciosi ove occorre fare attenzione agli ‘ometti’ che indicano la traccia da seguire. Superato il bivio con il sentiero n. 401, si raggiunge la zona pianeggiante chiamata ‘Piana dello Zenobito’. Qui alla macchia bassa si sostituisce la gariga che, in prossimità della costa, è una profumatissima gariga ad Elicriso, che in primavera si trasforma in un tappeto d'oro fiorito. Attraversando la zona pianeggiante, sempre facendo attenzione a seguire il tracciato giusto, si apre la magnifica visione di Cala Rossa, caratterizzata dal netto contrasto di colori tra le rocce rosso vivo e quelle grigio chiaro. Si tratta di una rara emergenza naturalistica che consente di osservare la sezione del più piccolo e recente vulcano di Capraia, quello dello Zenobito. A completare il quadro di un luogo particolarmente affascinante è la cinquecentesca affascinante Torre dello Zenobito, osservabile da un affaccio naturale al termine del sentiero.
sentiero capraia n. 407
Il sentiero n. 407 unisce, con un'ampia carrareccia, le due diramazioni più settentrionali della ex Casa di Reclusione, cioè "l'Ovile" (raggiungibile con il sentiero n. 402) e "La Mortola", per poi proseguire fino ad affacciarsi sulle falesie che dominano la scogliera nei pressi dello Scoglio della Capra, vicino alla località "Il Dattero". In un‘interessante relazione del Ministero di Grazia e Giustizia nel 1940, è riportato che "...nella diramazione de “l’Ovile“ “ hanno sede 9 internati e 48 reclusi. Qui esistono oltre altri piccoli locali ad uso uffici, il dormitorio, una vasta vaccheria capace di una quarantina di capi, nonchè l’ovile propriamente detto per il gregge della colonia. A mezza valle il caseificio, piccolo locale dove si giunge per un viottolo che scende serpeggiante….Il bestiame ovino si compone si compone di 137 pecore, 50 agnelli, 6 montoni, 20 agnelli di qualche mese…La pecora che produce lana, latte, carne con spesa minima in quanto si alimenta principalmente del pascolo spontaneo, è uno degli animali che maggiormente convengono alla Colonia, dando un cospicuo reddito." Nel ristrutturato edificio dell'antico caseificio, ubicato poco dopo aver superato 'L'Ovile', è attualmente ubicata una piccola azienda agricola che produce olio, capperi e sperimenta la coltivazione di pistacchi e zafferano. In questa zona, corrispondente alla parte alta della Cala di Portovecchio, dopo decenni di abbandono e di procedure burocratiche per l’assegnazione alla Comunità Locale degli usi civici, l’Azienda Agricola La Piana ha impiantato un vigneto di qualità, sfruttando i magnifici terrazzamenti costruiti dai detenuti. Raggiunta la Diramazione 'La Mortola', una delle più grandi della Ex Colonia Penale, la carrareccia si fa un po' sconnessa e termina in un ampio spiazzo: ignorata una prima deviazione a destra, si imbocca a pochi metri di distanza la seconda deviazione sempre a destra che in breve conduce all'affaccio sulla costa occidentale dell'isola.
sentiero capraia n. 408
Il breve sentiero n. 408 collega, in circa 2 km, il semaforo di Monte Capo con la Torre delle Barbici, nota anche come Torre della Regina, nei pressi di Punta della Teglia, estremità settentrionale dell'Isola. Dal Monte Capo, a quota 157 m, si domina verso sud la baia di Porto Vecchio, dove si notano le vasche circolari di un impianto di maricoltura, allevamento intensivo di specie ittiche pregiate quali orate e spigole. Nella valle soprastante l'insenatura si possono invece ammirare i terrazzamenti realizzati dai detenuti della ex Casa di Reclusione, mediante la costruzione di magnifici muri a secco, al fine di rendere il pendio coltivabile. Un utilizzo agricolo ripreso alcuni anni fa dall‘Azienda Agricola biologica “La Piana“ che ha impiantando circa 2,5 h di vigneto delle varietà vermentino, ansonica, ciliegiolo, colorino e sangiovese. Questi terrazzamenti, rispetto a quelli presenti nelle altre isole dell’Arcipelago, sono mediamente più ampi e alti. Qui vicino la medesima azienda, ha ristrutturato la vecchia officina meccanica del Penitenziario per realizzare una cantina. Per un breve tratto il sentiero n. 408 percorre il crinale che divide gli impluvi di Porto Vecchio e di Cala della Mortola. Dopo poco si giunge al bivio con il sentiero n. 408 A che verso sud conduce alla Diramazione di Porto Vecchio e al Porto. Da quest’ultimo tracciato si può osservare un edificio giallo e rosa. Si tratta del vecchio Caseificio o Formaggera dove i detenuti producevano prodotti caseari, attualmente sede di una piccola Azienda Agricola. La struttura ha ancora al suo interno una delle poche sorgenti perenni di Capraia. Ignorato il bivio con il sentiero n. 408A, il sentiero n. 408 continua a salire per qualche decina di metri il crinale, per poi girare decisamente verso nord e percorrere, dominandola dall'alto, la Cala della Mortola. Superato il Vado della Scopa, il tracciato aggira il Monte Fizza. A poca distanza è visibile la diruta Torre dei Barbici (o della Regina), dove termina l'itinerario. In questa zona, già dalla fine di aprile, si può ammirare lo splendido fiore candido del giglio di mare illirico, endemismo sardo-corso presente esclusivamente in poche isole toscane, Sardegna e Corsica. La Torre delle Barbici o Torre della Regina, è l'unica a base quadrata dell'isola ed è particolarmente affascinante, forse anche per l'aspetto diroccato. Fu costruita nel 1699 dai Genovesi per controllare le incursioni nemiche dei Corsari. Si tratta di una delle 4 torri costiere edificate sull'isola, di cui due posizionate alle due estremità nord e sud dell'isola (Torre della Regina e Torre dello Zenobito).
sentiero capraia n. 409
Il sentiero n. 409 collega la località Il Piano alla Cala del Ceppo, una delle poche insenature raggiungibili a piedi, delimitata a sud da Punta del Patello ed a nord da Punta della Civitata. Quest'ultima segna il limite di una delle aree a mare inserite nell'area marina protetta, gestita dal Parco Nazionale Arcipelago Toscano. La cala veniva utilizzata in epoca romana e medioevale come approdo dagli abitanti insediati nella località Il Piano. Tale località costituisce una delle due aree pianeggianti di Capraia (l'altra è Piana dello Zenobito, ubicata all'estremità meridionale dell'isola). In quest'area, Azienda agricola biologica La Piana ha impiantato il suo primo vigneto, entrato in produzione nel 2012. Il sentiero n. 409 inizia dal trivio con la strada sterrata che proviene dal paese (sentiero n. 406) e il sentiero n. 405 che conduce verso il Monte Arpagna e Lo Stagnone. Fatte poche decine di metri si prende a destra lo stradello che conduce alla Pieve di Santo Stefano. Imboccato il viottolo è necessario fare attenzione: dopo circa 60 metri si deve prendere il sentiero a destra che, in leggera discesa, conduce alla pieve romanica di Santo Stefano Protomartire. Passati davanti alla Pieve (che rimane nascosta nella vegetazione di olivi e arbusti alla nostra sinistra), dopo pochi minuti si incontra il bivio con il sentiero n. 401 che si dirige verso la Piana dello Zenobito. Svoltiamo a sinistra mantenendoci sul sentiero n. 409 che conduce a Cala del Ceppo correndo parallelo all'impluvio del Vado del Ceppo, ove confluiscono il Vado dell'Albero e il Vado del Casalino. "Vado" è il termine con il quale vengono denominati localmente i torrenti delle valli principali. Superata una serie di saliscendi su fondo irregolare, il sentiero scende decisamente in corrispondenza dell’attraversamento di alcuni terrazzamenti dove è presente una macchia alta mediterranea, con belle piante di erica e corbezzolo. La discesa fino alla costa è breve ma piuttosto ripida e sono presenti alcuni passaggi su fondo sdrucciolevole e roccette affioranti: per affrontarla è necessario essere equipaggiati con calzature adeguate (scarponcini da trekking). Specialmente coloro che non sono abituati a praticare trekking, devono prestare particolare attenzione ai passaggi che possono risultare un po' difficoltosi. La fatica è ripagata dalla bellezza della spiaggia di scogli levigati e dai colori del mare particolarmente limpido. Se si è nella bella stagione e si decide di fare un bagno non dimenticate la maschera subacquea per poter ammirare il fondale di scoglio e sabbia e gli organismi marini che vi si possono scoprire. Questo percorso è uno dei pochi che consente di esplorare la costa senza dover utilizzare un'imbarcazione. Per il ritorno al paese si percorre a ritroso il tracciato dell'andata.
sentiero capraia n. 411
Il breve sentiero n. 411, chiamato anche Sentiero del Trattoio, inizia all'incrocio dei sentieri n. 403 e 404, a quota 346 m, nei pressi dell'alloggio della guarnigione addetta alla postazione semaforica del Monte Arpagna, chiamato Case Colombaie, e scende per circa 1 km il crinale che divide gli impluvi del Fosso del Regolo a nord e del Fosso della Cote a sud, per terminare a quota 165 m, dove un tempo era funzionante il semaforo di Punta del Trattoio, estremità occidentale dell'isola. Da qui è ben visibile Capo Corso ed il panorama sulla parte settentrionale della Corsica è magnifico. Il tracciato consente anche di apprezzare la particolarità della costa occidentale di Capraia, caratterizzata da falesie più ripide e scoscese di quelle del versante opposto. Poco distante da Punta del Trattoio, appena sottocosta verso nord, è visibile l'isolotto de La Peraiola, mentre più in lontananza, nella stessa direzione, si osserva l'Isola di Gorgona. Verso sud, dietro Punta delle Cote, si trova la Grotta della Foca Monaca, luogo di un avvistamento eccezionale di Foca Monaca avvenuto nell'estate 2020, a circa settantanni dall'ultimo avvistamento di questa specie, rara nella parte settentrionale del Mediterraneo. Lungo gran parte del sentiero la vegetazione copre la visuale del cielo, formando una sorta di tunnel: si tratta dello stadio vegetazionale più evoluto della Macchia Mediterranea, cioè la cosiddetta macchia alta o macchia-foresta caratterizzata, in questo caso, dal corbezzolo associato all'erica. Questo tipo di vegetazione comprende anche altri arbusti sempreverdi come il lentisco, la fillirea, l'alaterno ed il mirto dal profumo inconfondibile. Non è il tipo di vegetazione più diffusa a Capraia, più frequente è la macchia bassa, in particolare la macchia a cisti, in cui la specie prevalente è il Cisto Marino, che in primavera esplode in meravigliose fioriture tingendo di bianco la sempreverde Macchia Mediterranea.
Sentiero Giglio n. 304
Il breve sentiero n. 304 collega il n. 303 con la scogliera, nei pressi dello Scoglio di Pietrabona. Il tracciato, che si sviluppa per 1,7 km, inizia a quota 152 m, nei pressi del Fosso di Valle dell'Altura, nel punto in cui la strada sterrata termina e confluisce nel più ripido e stretto sentiero n. 303, che scende fino alla Punta del Capel Rosso. Il sentiero n. 304 segue l'ampia via salendo leggermente fino a quota 179 m dove inizia la strada carrabile. Da qui, dove chi vuole visitare la parte meridionale dell'isola in auto deve parcheggiare il mezzo, la nostra via imbocca la discesa. Il sentiero corre parallelo al Fosso della Valle di Pietrabona passando a nord di Poggio del Serrone. In questa zona si possono osservare due manufatti, localmente chiamati Capannelli, utilizzati anticamente come punto di appoggio per i contadini che vi risiedevano in caso di necessità. L'ultima parte del tracciato che termina a quota 15 m, dove il Parco Nazionale ha posizionato un punto di sosta attrezzato, è particolarmente ripida per cui è necessario procedere con cautela. In questa zona ha trovato un habitat favorevole il Fico d'India, una specie vegetale invasiva non originaria di queste latitudini, che entra in competizione con le essenze vegetali tipiche di maggior interesse naturalistico limitandone lo sviluppo. La piccola valle di Pietrabona, che termina nella Cala omonima, è tappezzata di vigneti. Tutta la zona, grazie all'esposizione favorevole ai raggi solari, è particolarmente adatta per la coltivazione della vite. Per questo i vigneti, che un tempo tappezzavano tutto il territorio isolano, sono ancora produttivi in quest'area. La tenacia dei gigliesi nel coltivare, ancora oggi, questi terreni consente di manutere quell'opera d'arte collettiva, rappresentata dai muretti a secco, senza i quali sarebbe non si potrebbero sfruttare i pendii per le attività agricole. La difficoltà di mantenere in produzione i vigneti consiste nell'impossibilità di accesso ai terreni con mezzi meccanici per cui tutto il processo, dalla cura della vigna fino alla raccolta delle uve, viene svolto completamente a mano. Qui si produce l'Ansonaco, il vino conosciuto fin dall'antichità, è il più rappresentativo dell'isola e si ricava da vitigni autoctoni.
Sentiero Giglio n. 305
Il breve sentiero n. 305 rappresenta una deviazione dal sentiero n. 303 e consente di completare la via di crinale che da Giglio Castello conduce e Poggio della Chiusa e, dopo essersi abbassata di quota in Loc. Le Porte, passa dai Castellucci e da Poggio Terneti terminando al Poggio del Sasso Ritto. Qui lo spartiacque tra le vallate della costa orientale e quelle della costa occidentale dell'isola piega verso est. Si tratta di uno dei punti panoramici più spettacolari dell'Arcipelago Toscano con la visuale sulla costa occidentale e meridionale dell'isola, su Giannutri e sulla Promontorio dell'Argentario. Il sentiero termina a quota 358 m dove, vicino ad una panchina, è presente un curioso cumulo di sassi, creato dagli escursionisti che hanno voluto lasciare un segno del loro passaggio depositando una pietra. Lungo questo tracciato, come altrove, la Macchia Mediterranea, in quanto caratterizzata da specie sempreverdi, si fa ammirare tutto l'anno. Tuttavia in alcune aree, come qui al punto panoramico del Poggio del Sasso Ritto, nei mesi di aprile e maggio quest'associazione vegetale esplode in spettacolari fioriture. In quest'area è presente una Macchia a cisti in cui il Cisto Marino, con i suoi piccoli candidi fiori, rappresenta la specie più diffusa. Questa pianta è facilmente riconoscibile, oltre che dagli effimeri fiori bianchi, che non resistono mai più di una giornata ma fioriscono ripetutamente, anche dalle piccole foglie resinose dal tipico odore aromatico che, se stropicciate con le mani, rivelano una consistenza viscosa. Il Cisto Marino si adatta a condizioni di aridità e terreni rocciosi, riuscendo a colonizzare in tempi brevi le aree percorse dal fuoco, grazie alla capacità dei semi di resistere alle alte temperature. Il tracciato prevede di ritornare sui propri passi per raggiungere il bivio con il sentiero n. 303 che si può seguire verso sud per la punta del Capel Rosso o verso nord per arrivare a Giglio Castello.
Sentiero Giglio n. 306
Il sentiero n. 306 collega il n. 303 alla Spiaggia delle Cannelle. La prima parte del tracciato, anche se un po' tortuosa, è pianeggiante e si mantiene intorno ai 300 m di quota. La seconda parte è invece un po' più ripida e percorre il crinale che divide gli impluvi del Fosso della Buzzena a nord e del Fosso di Valle delle Caldane a sud che hanno originato rispettivamente le graziose spiagge delle Cannelle e delle Caldane. Il tracciato termina in Via delle Cannelle, la strada che conduce fino a Giglio Porto, nei pressi dell'omonina spiaggia. Nella parte alta del percorso sono state rinvenute particolari pietre che, secondo alcuni, rappresentano megaliti di epoca preistorica. In questa zona, inoltre, non è raro osservare rapaci che sfruttano le correnti ascensionali per mantenersi in quota, pronti a gettarsi in picchiata in caso dell'avvistamento di qualche preda. Come nel caso dei piccoli rapaci come il Gheppio, che assumono la cosiddetta posizione dello "Spirito santo", rimanendo immobili in quota in posizione di stallo grazie a piccoli movimenti dell'ala. In primavera ed autunno si possono poi osservare le specie migratrici che passano l'inverno in località diverse dalle zone dove si riproducono. Alcuni di questi campioni del volo, che esausti si fermano nelle isole dell'Arcipelago per recuperare le forze, percorrono migliaia di km fino alle savane dell'Africa Meridionale. Tra i migratori si possono osservare più facilmente il Falco pecchiaiolo e il Falco di Palude.