Il Castagneto

Il castagneto è un bosco di origine antropica.
Il castagno (Castanea sativa) è latifoglia decidua (albero a foglie larghe che si staccano dalla pianta in autunno) probabilmente introdotto all'Isola d'Elba dai Romani, certamente presente fin dal XIV secolo.
E' stato piantato nelle aree di pertinenza naturale delle leccete e con essa divide le principali specie accompagnatrici quali l’ Agrifoglio (Ilex aquifilium) dalle caratteristiche bacche rosse.
I castagneti più estesi si trovano nella parte occidentale, generalmente al di sopra dei 150-200 m, nei versanti esposti a settentrione nei pressi di Poggio e Marciana, oppure lungo le valli più fresche ed umide, anche sui versanti meridionali.
Il castagno, come le altre latifoglie decidue, risulta molto sensibile al fuoco. I suoi frutti, freschi, secchi o ridotti in farina, hanno costituito l'alimento base per le popolazioni di montagna fino a mezzo secolo fa.
“Le castagne si distinguevano in quattro qualità; le maroni (le più pregiate, i cui grossi esemplari eran detti biocchi e derivano da castagni innestati), le carpinesi (di forma piuttosto allungata, ottime per produrre farina; in Corsica sono dette carpinaghje), le scarlinesi (di grossa taglia e a sezione triangolare, originate da castagni innestati), e le selvane (da castagni selvatici non innestati)” Silvestre Ferruzzi, synoptika, 2007.
Il castagneto era inoltre sfruttato per il taglio boschivo come riportato nel 1879 dall’Ingegner Giorgio Pullè nella “Monografia agraria del circondario dell’Isola d’Elba” a proposito dei castagni: “vi si educano più allo scopo di averne legname anziché frutto. Sono circa 600 ettari di castagneti dai quali si ricavano appena 4218 ettolitri di castagne, ma che vantano alte e ben diritte piante, le quali forniscono lunghe travi ed altro legname ottimo sovratutto nei lavori di bottai”.
Lo sfruttamento del legno del castagno è proseguito anche nel secolo scorso, come racconta Ilvo Ferruzzi. «I tavoloni di castagno venivano preparati dai segantini, fatti venire dal Continente, nei castagneti. Noi li accatastavamo sulla strada del cimitero del paese, in cataste alte anche 4 metri; ne avevamo una diecina lungo la strada che porta alla Fonte di Napoleone. I tavoloni venivano richiesti da falegnami che realizzavano infissi sia da porte che da finestre, e che noi – misurandoli con un apparecchio detto calibro – vendevamo al metro cubo; detto legname doveva essere di prima qualità. Si scartavano i tronchi che avevano la cipolla, con cui non era possibile realizzare i tavoloni.» Ilvo Ferruzzi, Diario di una vita, manoscritto inedito, 2002.
L’Ente Parco ha finanziato un progetto per la tutela del castagneto.

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